Banca Popolare Bancarotta milionaria

Buco da 20 milioni di euro!
La Procura chiude le indagini e contesta la bancarotta ad amministratori e sindaci.

Banca Popolare di Garanzia Bancarotta milionaria, una società cooperativa per azioni con sede prima in via Masini e poi in via Tommaseo a Padova. 

Il pubblico ministero Roberto D’Angelo ha chiuso le indagini preliminari indagando 16 persone tra industriali, amministratori e sindaci della banca. L’inchiesta è stata condotta dal nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza. La banca, nata dalla trasformazione in cooperativa bancaria di Interconfidi Nordest (il consorzio fidi della Confindustria di Padova), a fronte di un buco da quasi 20 milioni, nel maggio 2009 è stata posta in amministrazione straordinaria con la nomina da parte di Banca d’Italia del commissario straordinario. Il commissario ha predisposto poi un progetto di salvataggio che, però, non ha trovato sufficiente sostegno da parte delle banche creditrici mettendo così la parola fine alla banca. Scatta così la liquidazione coatta dell'istituto poi fallito, capace di raccogliere 3 mila soci tra gli industriali di Padova.

La procura contesta a vario titolo ai 16 indagati di aver dissipato o comunque distratto beni e risorse della Banca Popolare di Garanzia, utilizzandoli per spese personali, deliberando aumenti di stipendio ingiustificati a proprio vantaggio, tra questi il noleggio di auto con l’autista. Ma anche lo sperpero di risorse (non funzionali all’attività bancaria) per le sedi della banca ad Ancona, Verona, Torino, Milano e Roma, pur in presenza in una sede centrale padovana. Tra i costi contestati l’affitto di un appartamento ai Parioli, con un’automobile per 130 mila euro a favore di una direttrice della banca e per un ex maggiore della Guardia di Finanza. Diciotto dipendenti potevano contare su altrettanti veicoli a noleggio senza limiti di percorrenza: il pedaggio e il carburante era pagato dalla banca. Sulla gestione del credito la banca, stando alle accuse,rinunciava a garanzie: nella pratica denominata Mitho si sarebbe rinunciato a un credito residuo di 360 mila euro. Gli amministratori avrebbero inoltre deliberato incarichi di consulenza con costi altissimi: 1,7 milioni di euro nel 2007 e 4,8 milioni nel 2008. Per la Procura l’amministratore delegato Giampaolo Molon avrebbe usato risorse aziendali per spese personali: restauri, spese di oggetti d’antiquariato, viaggi. Sfruttando pure la sede della banca che era sede della Fsp, di cui lui stesso era presidente.*fonte il web
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